lunedì 18 luglio 2011

Sono nata nomade dentro

Sono una vedova allegra.
Organizzo il funerale alla mia vecchia vita. Sono qui che la saluto commossa. Non tutto ancora é concluso, manca poco. Ho lasciato casa. Non ho più una casa. Sono una nomade. Sono una nomade allegra.

Ricordo la sensazione d'impotenza che si ha davanti una nuova città; ricordo la solitudine che ti cattura, ricordo il suo odore, l'odore della paura. Ricordo l'angoscia che ti assale alla sera, che non ti lascia neppure al mattino. Ricordo quello schiaffo in pieno viso che ti risveglia dal torpore. Ricordo la difficoltà d'espressione, ricordo il rumore sordo del vuoto che ti circonda, il rumore assordante di parole incomprensibili. Ricordo le lacrime pesare come macigni. Poi quella forza che arriva da lontano, quella voglia di farcela a tutti i costi. Ricordo la gioia immensa per ogni piccola vottoria. Ricordo il piacere di orientarsi. Ricordo il giorno che ne vale 100, ricordo l'anno che ne vale 1000. Ricordo che il tempo vola e resta immbile allo stesso tempo. Ricordo le mie 10000 case, ricordo cosa vuol dire trovarne la prima. Quel posticino al Centre Pompidou: piedi incrociati, con le spalle alla ringhiera, di fronte la boutique dai mille libri e cartoline; il piccolo giardino di rue didot di fianco casa da dove si sentiva sempre una musica jazz arrivare da lontano; la panchina sul canal Saint Martin (la foto riportata l'ho scattata quando l'ho trovata); la fermata della metro Oberkampft che ho conosciuto a qualsiasi ora del giorno e della notte; il caffé di Starbucks a Chatelet, il cinese di fronte casa sbirciato dalla finestra.
In questi luoghi mi sono sentita a casa anche quando una casa non ce l'avevo; in questi luoghi mi sono sentita in pace e felice anche se tutto intorno a me era incerto; in questi luoghi ho trovato, per alcuni attimi, anche me stessa.

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