mercoledì 15 giugno 2011

Seconda stella a destra e dritto fino al mattino, poi la strada la trovi da te, porta all'isola che c'é

Ogni volta che decido di lasciare una città sono triste. Anche se la scelta é stata mia, anche se non vedo l'ora di cambiare aria, non sopporto più i suoi ritmi, le sue strade, mi sta stretta, quando ormai é arrivato il momento di impacchettare tutto e lasciare spazio ai nuovi arrivati, allora si che comincia a salirmi il magone. Alla fine nonostante tutto si deve dire addio ad un pezzo di storia, un pezzo di vita, un ciclo concluso, un anno, due, tre, di ricordi, pensieri e luoghi. Non é facile per niente. Odi quelle povere persone che subentreranno al tuo posto, nella tua casa, nella tua camera: nessuno la merita! Preferiresti partire e sapere che più nessuno si permetterà di lavare via quella macchiolina sul muro che ti é diventata tanto familiare, i poster, quel quadro, il letto poi. Cominci ad esserne gelosa e a ripensarci, non vuoi più partire! Ora tutto ti sembra perfetto, commovente. Come quando col cambio di stagione si deve decidere cosa tenere per l'anno dopo e cosa no. D'un tratto il maglione che non avresti indossato neanche sotto tortura diventa un capo di inestimabile valore: "come avro' fatto a non indossarlo neanche una volta? sicuro l'anno prossimo lo indossero' tutti i giorni!". A Parigi una volta siamo state anche alla festa d'innagurazione della casa dove le "Trois italienne", cosi' ci chiamavano, avevano convissuto per quasi un anno. Pessima idea: Laura d'un tratto aveva deciso di portarsi via le spille lasciate sulla poltrona, non potevano restar li', erano nostre, come si erano permesse le nuove inquiline a non accorgersi del loro infinito valore e a lasciarle li! L'ho dovuta portar via di corsa, a momenti non le cacciava di casa.
Ho vissuto in molte case, ho tenuto molte camere, ma mai mi sono sentita a casa come nel nostro fantastico appartamento al 55 di rue Didot. Questi sono amori che durano per sempre.

E se questo accade per una casa, figuriamoci per il lavoro a cui state rinunciando. Non c'é niente di più difficile che formare una persona che prenderà il vostro posto, anche se quel lavoro lo odiate infinitamente, lei non puo' arrivare e prenderselo cosi'. Voi quel lavoro l'avete sudato, guadagnato giorno dopo giorno, straordinario dopo straordinario. Cosi' quando i nervi cominciano a cedere e l'angoscia annebbia la mente bisogna solo fermarsi un attimo e ricordare tutti i motivi che ci hanno spinto verso la nostra decisione; nessuno potrà mai avere cio' di cui siamo più gelose: le nostre esperienze, la nostra vita in quei posti, tra quelle mura e in quei ricordi. Cosi, un respiro profondo, un ultimo saluto commosso e via, verso altri orizzonti.

1 commento:

  1. 55, rue Didot. C'era tanta luce gialla in cucina e il vecchio parquet di legno scricchiolava felice della nostra presenza.
    Nella mia stanza si sentiva l'odore del bucato e dell'eleganza parigina.
    Ogni specchio della casa serviva a ricordarmi quanto la luce di Parigi andasse bene col mio viso.
    55, rue Didot era di tutti i colori arancione rosso blu giallo rosa verde viola.
    E noi vivevamo e sognavamo e giocavamo e ridevamo e piangevamo e danzavamo.
    Ma mi ricordo anche che, quando guardavo la strada attraverso la grande finestra del soggiorno incorniciata dalle spesse tende arancioni, mi sembrava già che Parigi volesse rapirmi per sempre.
    Laura

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